(Dedicato a Pierpaolo Pasolini, nel cinquantennale della sua morte. Venne ucciso barbaramente nella notte tra il 1 e il 2 Novembre 1975)
Pier Paolo Pasolini. Un nome che evoca immagini potenti e spesso contraddittorie: il poeta delle borgate, il regista controverso, l’intellettuale polemico, la vittima di un omicidio brutale che ancora oggi getta lunghe ombre sulla storia italiana. La sua figura è così iconica da rischiare di essere appiattita, ridotta a poche etichette che ne semplificano la complessità e ne depotenziano la carica eversiva.
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Ma dietro questa immagine da manuale si nasconde un pensatore di una lucidità profetica, un analista spietato del potere le cui intuizioni, formulate quasi cinquant’anni fa, risuonano oggi con una forza sconcertante.
L’ultimo Pasolini, quello degli Scritti corsari e del testamento incompiuto Petrolio, non era solo un critico della società, ma un vero e proprio sismografo che registrava le fratture profonde del Paese e la nascita di un nuovo tipo di potere, più pervasivo e totalizzante di qualsiasi fascismo.
Questo articolo non vuole essere l’ennesima celebrazione, ma un’esplorazione di quattro delle sue rivelazioni più dirompenti e attuali. Quattro verità scomode che, lette oggi, dimostrano come Pasolini non parlasse solo al suo tempo, ma anche, e forse soprattutto, al nostro.
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La Profezia delle Lucciole: Come il Consumismo è Diventato il Nuovo Fascismo
Nel suo celebre articolo del 1975, “Il vuoto del potere ovvero l’articolo delle lucciole”, Pasolini usa un’immagine poetica e struggente per descrivere un cambiamento antropologico devastante.

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La scomparsa fisica delle lucciole dalle campagne italiane, causata dall’inquinamento, diventa per lui la metafora di una mutazione culturale ben più profonda: la fine di un’intera civiltà.
Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole.
Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più.
Per Pasolini, il “fascismo fascista”, pur con tutta la sua violenza repressiva, non era riuscito a scalfire le culture popolari, contadine e sottoproletarie.
Queste realtà, con i loro valori e modelli di vita, erano rimaste sostanzialmente “altre” rispetto al potere centrale.
Il nuovo potere della società dei consumi, invece, stava compiendo un genocidio culturale silenzioso e molto più efficace.
Questo nuovo fascismo, come lo definiva Pasolini, non imponeva la sua ideologia con la forza, ma con la seduzione, creava un nuovo tipo di umanità, i cui desideri erano bisogni artificiali indotti dalla pubblicità, la cui unica fede era l’edonismo e la cui morale era l’omologazione a un unico modello di vita borghese, mascherato da una falsa tolleranza.
La sua non era una critica nostalgica del “progresso”, ma la denuncia radicale della perdita di un’autentica alterità culturale, infatti Pasolini vedeva scomparire non solo le lucciole, ma un intero universo di differenze e modi di essere, sostituiti da un deserto uniforme, e collegava questa devastazione spirituale direttamente al cuore del nuovo potere economico, concludendo il suo articolo con un affondo tanto poetico quanto politico contro il suo simbolo, Eugenio Cefis: “io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola.
“Io So”: La Denuncia di un Intellettuale Senza Prove.
Il 14 novembre 1974, sulle pagine del Corriere della Sera, Pasolini pubblica un articolo dal titolo “Che cos’è questo golpe?”, che si apre con due parole di una forza disarmante: “Io so”. Il contesto è quello di un’Italia insanguinata dalle stragi, avvelenata dalla strategia della tensione e governata da poteri occulti.Pasolini afferma di conoscere i nomi dei responsabili delle stragi di Milano, Brescia e Bologna.
Dichiara di conoscere i nomi del “vertice” che ha manovrato vecchi e nuovi fascisti, servizi segreti e criminalità comune per destabilizzare il Paese.
Ma è qui che svela un paradosso crudele, che è anche una profonda riflessione sul ruolo dell’intellettuale.
Io so. Ma non ho le prove.
Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace…Pasolini denuncia la frattura insanabile tra la verità intellettuale e la verità processuale. Egli sa, perché il suo mestiere è “coordinare fatti anche lontani” e “mettere insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico”. Ma non ha le prove, perché il Potere, per sua stessa natura, esclude gli intellettuali liberi dalla possibilità di ottenerle. “Io so” non è solo un atto d’accusa, ma una denuncia della condizione di impotenza a cui il Potere condanna chi cerca la verità al di fuori dei canali ufficiali.
È un manifesto sul dovere dell’intellettuale di dire ciò che sa, anche quando non può provarlo in un’aula di tribunale.
Un Romanzo come Arma: I Segreti Mortali di Petrolio
Petrolio, il romanzo monumentale e incompiuto a cui Pasolini lavorò fino all’ultimo giorno della sua vita, non è una semplice opera letteraria.
È un’indagine spietata sulle trame che legano economia, politica e criminalità, costruita lavorando su documenti reali : Pasolini stava trasformando la letteratura in un atto di giornalismo investigativo e usando l’artificio di mascherare l’identità dei protagonisti, ne rendeva la riconoscibilità immediata e voluta.
Il potentissimo presidente di ENI e Montedison, Eugenio Cefis, diventava “Aldo Troya”, mentre il suo predecessore, Enrico Mattei, morto in un misterioso incidente aereo nel 1962, era “Ernesto Bonocore”.
La tesi che Pasolini sviluppava era esplosiva: attingendo a fonti come il pamphlet di denuncia “Questo è Cefis” e il discorso dello stesso Cefis intitolato “La mia patria si chiama multinazionale”, collegava direttamente l’ascesa al potere di Troya/Cefis alla morte di Bonocore/Mattei, e legava queste vicende alla strategia della tensione e alle stragi che insanguinavano l’Italia.
Petrolio è il romanzo che per primo trasforma in narrazione l’esistenza di un “doppio Stato” che fa politica con le bombe.
Il mistero più fitto avvolge il capitolo Appunto 21, “Lampi sull’Eni”, scomparso dopo la morte dello scrittore.
La sua sparizione è considerata da molti la prova che contenesse rivelazioni definitive.
A rendere la vicenda ancora più inquietante è il suo presunto ritrovamento nel 2010 da parte di Marcello Dell’Utri, all’epoca senatore e già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Questo dettaglio dimostra come i segreti di Petrolio non siano materia per soli storici, ma rimangano politicamente incandescenti, un’arma che, forse, è costata la vita al suo autore.
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Oltre il Ragazzo di Vita: La Verità Negata sull’Omicidio
La versione ufficiale della morte di Pasolini è nota: un omicidio a sfondo sessuale avvenuto all’Idroscalo di Ostia nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975.
Un incontro con un “ragazzo di vita”, il diciassettenne Pino Pelosi, finito in tragedia. Pelosi confessa e viene condannato come unico colpevole.
Questa versione, però, ha fatto acqua fin da subito. La stessa sentenza di primo grado condannava Pelosi “in concorso con ignoti”, una formula poi cancellata nei gradi successivi. Le prove e le testimonianze che suggeriscono un agguato pianificato sono schiaccianti: dalla controinchiesta della giornalista Oriana Fallaci alla ritrattazione di Pelosi nel 2005, che parlò di un gruppo di “picchiatori”.
Le ipotesi legano il delitto alla nascente Banda della Magliana e a figure come Johnny lo Zingaro, criminale legato ad ambienti neofascisti.
L’ipotesi di un massacro organizzato è riassunta perfettamente dalle parole dello storico Giorgio Galli: come attestano le evidenze dell’inchiesta e il buonsenso, Pasolini fu massacrato da più persone, con il Pelosi nel probabile ruolo di semplice “esca”.
Per comprendere come un simile delitto politico possa essere orchestrato, è utile la teoria dei “cerchi concentrici” di Corrado Guerzoni, collaboratore di Aldo Moro. Non serve un ordine diretto: al livello più alto si esprimono preoccupazioni (“il Paese va alla deriva”), che nei cerchi successivi vengono tradotte in azioni sempre più concrete, fino all’ultimo anello della catena che esegue materialmente il “lavoro sporco”.
L’omicidio di Pasolini non fu un delitto passionale.
Fu, come molti sostengono, “l’ennesimo delitto politico insoluto della recente storia italiana”.
L’atto finale per mettere a tacere la voce più lucida del Paese, un intellettuale che aveva osato descrivere il volto criminale del Potere.
La profezia sulle lucciole, l’urlo “Io so”, l’arma di Petrolio e la verità negata sul suo omicidio: questi quattro frammenti ci restituiscono un Pasolini molto più complesso e pericoloso dell’icona letteraria che siamo abituati a conoscere.
Ci mostrano un intellettuale che aveva capito prima e meglio di altri la natura del potere che stava trasformando l’Italia.
La sua non è solo un’eredità artistica, ma un metodo di indagine critica, un invito a non accontentarsi delle verità ufficiali e a cercare le connessioni nascoste tra i fatti.
Un lascito radicalmente politico e incredibilmente attuale. A quasi cinquant’anni dalla sua morte, la società che Pasolini descriveva è cambiata, o le sue “eresie” sono oggi più necessarie che mai per decifrare il nostro presente?
Abbiamo anche dedicato un brano musicale a Pierpaolo Pasolini di prossima pubblicazione su tutte le principali piattaforme.
Vogliamo regalartene un anteprima. BUON ASCOLTO & STAY TUNED




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